Museo della VAGINA

“Il mondo ha bisogno di un museo della vagina”. Tutto è iniziato così, da un tweet tra il serio e l’ironico lanciato a mo’ di provocazione da Florence Schechter, youtuber, femminista, attrice e divulgatrice scientifica di origini ebraiche, a marzo 2017. La causa scatenante, se così si può chiamare, è stata la scoperta da parte della Schechter che l’Islanda vanta il primo e, al momento, unico museo del pene al mondo, mentre manca un’istituzione ufficiale dedicata alla vagina. Un vero atto di sessismo discriminatorio secondo la youtuber che ha lanciato la sfida via social di costruire un museo completamente dedicato all’organo genitale femminile.

IL PROGETTO

No, non stiamo parlando dei tanti musei della pornografia che popolano i quartieri a luci rosse di Parigi, Londra o Amsterdam, ma di una vera istituzione a carattere scientifico almeno nelle intenzioni della donna che ha individuato nella città di Brighton, a sud di Londra, il luogo dove far nascere il primo museo al mondo della vagina. L’idea ha avuto una forte eco attirando molte critiche e battute sarcastiche e finendo anche per essere oggetto di ironia all’interno di uno show di Conan O’Brien, tra i massimi comici anglosassoni. Tutto questo non ha fatto altro che rafforzare nella Schechter l’idea di realizzare davvero il museo per sconfiggere antichi retaggi e luoghi comuni. E fornire soprattutto un contributo serio e reale al dibattito su violenza sessuale, discriminazione delle donne omosessuali, pratiche lesive come l’infibulazione. La Schechter ha dato vita, dunque, ad una campagna di crowdfunding per avere un supporto economico e, attualmente sta reclutando trustees per comporre il board del museo. Il posto, invece, è già stato individuato e la città balneare di Brighton si appresta a diventare il luogo per antonomasia dedicato alla vagina.

IL MUSEO

Per ora il museo rappresenta solo un’idea, anche se di grande seguito. Esiste un sito web sul quale è possibile acquistare gadget per finanziare il progetto anche se per poter pensare di inaugurare il museo nel 2020 come vorrebbe la Schechter sono necessarie cifre ben più consistenti. Una parte del museo sarà dedicata ad ospitare opere d’arte ispirate alla vagina, mentre il resto del percorso espositivo sarà a carattere scientifico con grafici anatomici per spiegare il funzionamento dell’organo genitale e del sistema riproduttivo e fornire informazioni in materia di contraccezione.

IL CASO NEW YORK

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Pene a New York

Il Museo della Vagina rimanda immediatamente ad un altro caso che ha avuto una eco mediatica molto forte. L’artista svedese Carolina Falkholt (Göteborg, 1977), che aveva già disegnato una vagina in Pike Street, ha dipinto un enorme murale – alto quattro piani – che rappresentava un pene rosso in erezione. Il murale è stato realizzato su una casa di Broome Street, a Manhattan. L’opera è comparsa un paio di giorni prima di Capodanno. L’artista ha raccontato al Guardian che il senso dell’opera era invitare le persone a «non vergognarsi del proprio corpo e di chi si è, come individui dotati di una sessualità». Molti residenti del quartiere si sono però lamentati e diversi hanno chiesto alle autorità di rimuoverlo. Cosa che è puntualmente avvenuta solo 48 ore dopo.

di Mariacristina Ferraioli per Artribune