Sessualità e Alzheimer

Il Morbo di Alzheimer è una tra le forme più invalidanti di demenza senile e consiste in una malattia degenerativa, dovuta principalmente a danni neuronali e a carico della mielina, che producono un progressivo deterioramento del funzionamento cognitivo del paziente che ne è affetto.

Questa malattia, anche in conseguenza dell’allungamento delle aspettative di vita, si stima che interessi ad oggi tra l’1 ed il 5% della popolazione di età superiore ai 65 anni ed il Dipartimento per gli Affari Economici e Sociali dell’ONU prevede che, entro il 2050, almeno una persona su 85 sarà affetta da tale morbo. I sintomi principali includono la perdita di memoria, il disorientamento, il repentino cambio di umore, la depressione, l’incapacità di auto-accudimento e il cambiamento a livello comportamentale.

Molto spesso i pazienti affetti dal Morbo di Alzheimer possono mettere in atto comportamenti bizzarri, confusi e disinibiti, che creano non poche difficoltà ai familiari e a chi si prende cura di loro (caregivers). Tra le bizzarrie più diffuse vi sono quelle di natura sessuale. Accade di frequente che i malati di Alzheimer dimentichino quale sia il comportamento adeguato da tenere in pubblico per quanto riguarda la sessualità: possono spogliarsi di fronte ad altre persone, possono utilizzare un linguaggio volgare inappropriato, possono pretendere con aggressività un contatto fisico, possono mettere in atto avances sessuali inopportune tanto nei confronti dei parenti quanto nei confronti degli estranei e talvolta possono masturbarsi in pubblico.

Questo tipo di comportamenti crea spesso imbarazzo, non nel malato che proprio in virtù della condizione patologica non ne ha contezza, quanto nei caregivers che si ritrovano a gestire situazioni difficili sentendosi esposti al giudizio del prossimo. È importante sottolineare che i cambiamenti sessuali nel malato di Alzheimer sono da intendersi come sintomi della malattia stessa e pertanto devono essere considerati e trattati come tali, contribuendo ad esorcizzare l’aurea di “tabù” che spesso li circonda. Ciò che spesso accade è che i familiari, motivati dall’imbarazzo e dalla vergogna, vivano il proprio disagio rispetto al comportamento sessuale anomalo del malato nel proprio silenzio, senza ricercare un adeguato supporto. Questo atteggiamento, per quanto comprensibile e giustificabile proprio a causa della stigmatizzazione che ancora oggi interessa tale tematica, è disfunzionale tanto per il malato quanto per il caregiver.

Il consiglio è quello di rompere il silenzio, ricercando in primo luogo l’aiuto di uno o più professionisti che possano intervenire per migliorare la gestione della situazione: il neurologo è indubbiamente la figura più adatta alla quale rivolgersi, ma molto spesso una consulenza ginecologica, andrologica, sessuologica e psicologica contribuiscono a determinare un quadro più completo e favorire l’empowerment e l’efficacia del caregiver. Per quanto riguarda le reazioni da evitare è sconsigliato arrabbiarsi, ridicolizzare il malato, discutere con aggressività o trattarlo con indifferenza. È invece utile cercare di comprendere le motivazioni del comportamento sessuale anomalo del paziente: spesso accade che il malato confonda il proprio partner con un’altra persona (ad esempio la figlia può essere scambiata con la moglie per una somiglianza fisionomica) o che sia semplicemente alla ricerca di un gesto di affetto, avendo dimenticato le modalità socialmente condivise per ricercare attenzioni.

Allo stesso modo è possibile che quando il paziente si spoglia in pubblico questo coincida con una richiesta di aiuto per andare in bagno oppure per mettersi a dormire. La Malattia di Alzheimer infatti produce danni a livello della corteccia frontotemporale (l’area cerebrale deputata alle funzioni di programmazione e pianificazione del comportamento) e ciò si traduce in una mancanza di autocontrollo e di empatia.  È quindi importante che il caregiver si mostri rassicurante e sensibile nei confronti del paziente e che cerchi, in modo risoluto ma accogliente, di far capire al malato quali comportamenti sono adeguati e quali, invece, sono inopportuni.

[Debora Rossi per babeland.it]